Intelligenza Artificiale in cardiologia: intervista a Raffaele Altara

Ormai da anni, l’intelligenza artificiale viene utilizzata nella ricerca scientifica e nella pratica clinica. In futuro assisteremo a un uso sempre più diffuso dell’IA in ogni ambito della medicina, inclusa la cardiologia. Per questo motivo è indispensabile comprenderne il funzionamento, il potenziale e i limiti, come sottolineano gli autori di una review pubblicata sul Journal of Cardiovascular Pharmacology1, in cui si discutono le promesse e le sfide associate all’IA nella ricerca biomedica e nella pratica clinica.

L’intelligenza artificiale permette di superare i limiti umani, offrendoci una visione d’insieme dei dati e delle informazioni a nostra disposizione, come spiega il primo autore dell’articolo, Raffaele Altara, docente universitario presso il Department of Anatomy and Embryology, Faculty of Health, Medicine and Life Sciences, Maastricht University (Paesi Bassi) e Faculty Science Educator presso il Department of Pathology, School of Medicine, University of Mississippi Medical Center (Jackson, MS).

Scienze omiche e biologia dei sistemi

“L’IA è una sofisticata applicazione di analisi statistiche avanzate che, integrate tra loro, ci permettono di superare la prospettiva del singolo clinico, considerando un quadro più ampio che include una vasta gamma di parametri e fattori”.
Il concetto di IA applicato alla medicina non è recente e risale alla biologia dei sistemi, una disciplina diffusasi all’inizio del 2000, nata dall’esigenza di affrontare la complessità dei sistemi biologici in modo più integrato, combinando esperimenti di laboratorio e modellizzazione computazionale. Già tra gli anni ‘70 e ‘90 si diffusero le cosiddette scienze omiche (genomica, proteomica, metabolomica e successivamente trascrittomica), che sfruttano i sistemi computazionali per analizzare un’enorme quantità di molecole nel loro complesso.
“Oggi, con l’intelligenza artificiale, riusciamo ad analizzare non solo i dati numerici, ma anche gli aspetti linguistici. Il Large Language Model (LLM) è un tipo di intelligenza artificiale progettato per comprendere e generare linguaggio naturale (parliamo per esempio di ChatGPT, Perplexity, Gemini). Questo ha aggiunto precisione e complessità all’analisi”, osserva il professore.

Analisi di immagini, dati e diagnosi precoce

L’intelligenza artificiale trova già un’applicazione in diversi ambiti: nella ricerca preclinica, nei trial e nella pratica medica. Può svolgere un ruolo significativo nella progettazione della ricerca, nell’analisi dei dati e nell’interpretazione dei risultati. Può inoltre contribuire all’identificazione di aree di indagine promettenti e fonti di finanziamento appropriate. Gli LLM, precisano gli autori della review, stanno cambiando il modo in cui la scienza viene comunicata e come gli scienziati interagiscono tra loro.

“L’uso dell’IA spazia dalle analisi molecolari a quelle tossicologiche e diagnostiche. Un’applicazione classica è l’interpretazione delle immagini, come i risultati di risonanze magnetiche, ecografie o elettrocardiogrammi”, continua Altara. In questi casi, l’IA può supportare il medico confermando il suo parere, mettendolo in dubbio o evidenziando aspetti non considerati, prendendo in considerazione altre patologie, forse remote, o occulte di cui il paziente non si lamenta.
Come nota il professore, i programmi di IA risultano utili nelle analisi molecolari, consentendo un’analisi qualitativa dell’enorme quantità di dati generati dal sequenziamento di nuova generazione (Next Generation Sequencing), per esempio. “In alcuni centri, come la Mayo Clinic, un punto di riferimento mondiale per la medicina cardiovascolare, l’IA viene utilizzata per formulare diagnosi precoci e predire il rischio di problemi cardiaci.”

IA e medicina personalizzata

La capacità di analizzare imponenti quantità di dati mette in luce l’enorme eterogeneità tra gli esseri umani in termini di processi fisiopatologici e di fattori che contribuiscono allo sviluppo delle malattie. Negli ultimi anni, è diventata evidente la necessità di personalizzare la medicina, trattando i pazienti non solo sulla base della loro malattia, ma considerando i processi molecolari che ne hanno causato lo sviluppo e le caratteristiche individuali. L’IA, analizzando i dati dei singoli pazienti, può proporre soluzioni personalizzate talmente dettagliate e documentate da predire i risultati clinici e sviluppare piani di trattamento su misura.

Siamo ancora agli inizi, però possiamo già prendere atto di un esempio vincente di utilizzo dell’IA presso la Mayo Clinic, i cui ricercatori hanno scoperto come utilizzare il deep learning e i dati delle cartelle cliniche elettroniche per individuare i pazienti con diabete di tipo 2 a rischio di fallimento nella terapia con metformina.2

Target terapeutici, sviluppo di molecole e riposizionamento di farmaci

La messa a punto di nuovi farmaci efficaci e sicuri richiede decenni e ingenti investimenti da parte delle case farmaceutiche. L’IA ha il potenziale di ridurre tempi e costi, intervenendo in diversi momenti del processo di sviluppo delle molecole. Finora, l’IA è stata utilizzata per identificare e validare nuovi target molecolari e per prevedere la sicurezza e l’efficacia di composti candidati.

Gli autori della review citano l’esempio di strumenti impiegati per valutare la cardiotossicità delle molecole: “nel 2022 è stato introdotto CardioToxCSM, un metodo computazionale gratuito basato sul web per prevedere sei tipi di tossicità cardiaca associati a piccole molecole, tra cui ipertensione, aritmia, blocco cardiaco, insufficienza cardiaca, infarto miocardico e tossicità hERG”, scrivono gli autori. Pred-hERG e HergSPred sono altri due strumenti online per prevedere la cardiotossicità, basati su un set di dati generato da composti che inibiscono i canali hERG K+.

L’IA è anche impiegata nella polifarmacologia mirata, ossia nel trattamento di malattie complesse attraverso l’intervento su più bersagli molecolari con un singolo farmaco, e nell’ottimizzazione di anticorpi e farmaci naturali.
“Grazie alla bioinformatica e agli strumenti di IA, oggi siamo in grado di riposizionare i farmaci (in inglese si parla di drug repurposing), ossia di scoprire l’efficacia di un farmaco somministrato per una specifica patologia nel trattamento di malattie completamente diverse”, continua Altara. “Un esempio di riposizionamento è l’uso della metformina, farmaco per il diabete, come terapia per il cancro.”

I rischi nell’uso dell’IA in medicina

Oltre a illustrare le potenzialità dell’IA, gli autori discutono anche i rischi legati a un uso acritico e senza adeguata formazione sulla conoscenza delle nuove tecnologie. Prima di tutto, per poter sfruttare al meglio uno strumento, è necessario comprendere il suo funzionamento. “Per ottenere risposte utili, è necessario fornire ai programmi i giusti input, altrimenti gli esiti risulterebbero distorti. ‘Garbage in, garbage out’, come dicono gli americani”, spiega Altara. È fondamentale assicurarsi che i dati forniti all’IA e su cui essa viene addestrata siano aggiornati; in caso contrario, le informazioni risultanti potrebbero essere obsolete.

Inoltre, l’IA non possiede competenze umane; è limitata dalle informazioni che riceve e non comprende appieno il contesto delle domande. “Quando uno studente mi consegna un compito svolto da un’IA, lo riconosco subito dalla struttura e perché il contenuto, a volte, è semplicemente scorretto”. Un errore del genere può essere tollerabile per uno studente, che rischia al massimo una bocciatura, ma per un clinico non lo è affatto, data la responsabilità che attiene al sanitario e le conseguenze possibili sul paziente. “Per questo è sempre necessario verificare i risultati prodotti dall’IA. Nell’ambito preclinico è più semplice, poiché è possibile effettuare più test su una cavia, ma in clinica è diverso: spesso bisogna prendere decisioni cruciali in tempi brevi.”

Gli autori fanno inoltre notare che l’uso dell’IA, nell’opinione comune riscontra ancora perplessità, sia per quanto riguarda le questioni etiche, riguardanti la privacy e il consenso informato, che devono ancora essere regolamentate, sia perché non sappiamo esattamente come questi programmi lavorino al loro interno e attraverso quale processo generino i risultati. Si può dire di trovarci di fronte ad una “scatola nera”.

Quanto sopra conferma l’importanza di adottare prudenza nel produrre pubblicazioni scientifiche con l’aiuto dell’IA. “L’IA ha il potenziale di individuare lacune nella nostra conoscenza, offrendoci la possibilità di colmarle”, dice Altara. “Tuttavia, può anche essere utilizzata per abbellire e riproporre dati e risultati già noti, offrendo ai ricercatori la possibilità di pubblicare senza apportare veri contributi scientifici.”

Difficoltà nella formazione

Una formazione adeguata è essenziale. Questo è un problema critico, soprattutto in relazione alle nuove tecnologie a servizio della medicina: i corsi di studio devono aggiornarsi per includere moduli specifici che forniscano ai futuri medici le competenze necessarie per sfruttare al meglio le opportunità offerte dall’innovazione in questione.

“Quando si parla di IA, ci si riferisce a un’entità reale e concettuale in continuo mutamento, ardua da analizzare compiutamente in un solo corso di studi. Tuttavia, è possibile acquisire consapevolezza del suo funzionamento generale, dei bias a cui è soggetta e del fatto che si evolve costantemente”, spiega il docente.

La medicina del futuro

“In realtà, molte delle applicazioni citate ci parlano di un presente già in evoluzione”, racconta Altara, che porta l’esempio dell’Università di Maastricht. “Il professor Hans-Peter Brunner La Rocca, una delle massime autorità nel campo dell’HFpEF, sta già impiegando l’IA in diversi progetti. Uno di questi, particolarmente innovativo, si propone di individuare precocemente l’accumulo di liquidi nei polmoni, un sintomo chiave dello scompenso cardiaco, utilizzando il riconoscimento vocale. Attualmente, lo studio coinvolge 200 pazienti che utilizzano un’app per smartphone per registrare quotidianamente la propria voce. Le registrazioni vengono analizzate da un algoritmo di IA capace di rilevare eventuali modifiche che potrebbero indicare un problema. Se rilevata un’anomalia, il paziente viene immediatamente contattato dal medico per un intervento tempestivo. I risultati preliminari di questo promettente studio sono attesi per il 2025”.

Queste applicazioni non riguardano solo il futuro, ma sono già realtà. Come afferma Altara, “si parla già di diagnosi e prognosi sviluppate con il supporto dell’IA”. Inoltre, si sta immaginando che i programmi di IA possano anticipare la progressione delle malattie. L’IA, analizzando grandi quantità di dati e identificando fattori di rischio precoci, potrebbe prevedere chi svilupperà una patologia con anni di anticipo. Questo apre la strada a una nuova era della medicina preventiva, in cui sarà possibile intervenire tempestivamente su un ‘pre-paziente’ per evitare che la malattia prenda piede.

  1. Journal of Cardiovascular Pharmacology 83(5):p 403-409, May 2024. | DOI: 10.1097/FJC.0000000000001546
  2. The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, Volume 108, Issue 7, July 2023, Pages 1740–1746, https://doi.org/10.1210/clinem/dgac759

Post correlati

Lascia un commento



SICS Srl | Partita IVA: 07639150965

Sede legale: Via Giacomo Peroni, 400 - 00131 Roma
Sede operativa: Via della Stelletta, 23 - 00186 Roma

Popular Science Italia © 2024